domenica 27 giugno 2010

Expo, la verità di cui nessuno parla

CON le dimissioni dell' amministratore delegato di Expo 2015, Lucio Stanca, non fa che acuirsi il senso d' inadeguatezza che per ora ha comunicato la macchina organizzativa. A questo si aggiunge una situazione quasi schizofrenica che nasce guardando i reportage e le notizie che giungono da Shangai: cifre roboanti, partecipazioni di massa del pubblico. LA CINA sta offrendo un' immagine di grande potenza, che non si discosta molto da ciò che l' Europa rappresentava a inizio secolo scorso, l' epoca d' oro di quelle esposizioni universali in cui si magnificava la grandezza di un continente in pieno sviluppo industriale. Porsi sulla stessa lunghezza d' onda di Shangai per Milano significherebbe compiere un errore madornale. Da un lato perché stiamo attraversando una crisi epocale, strutturale, che non è detto che si mitigherà negli anni a venire; dall' altro perché non è possibile pensare di portare a Milano lo stesso numero di visitatori che stanno realizzando in Cina. Laggiù le masse interessate a una cosa come l' Expo ci sono davvero, gli si offre un mondo cui ambiscono ma che non hanno ancora mai visto. È per questo che confluiscono dalle campagne con entusiasmo. Sono contadini che stanno vivendo ciò che i nostri contadini vissero un secolo fa: normale che l' Expo, nella sua concezione più classica, da loro funzioni ancora. Da noi no. I cittadini ormai hanno quasi tutto alla portata di mano, sufficienti e forse eccessivi stimoli provenienti dalla società in cui vivono: non serve visitare i sontuosi padiglioni delle Nazioni perché è sufficiente internet. Abbiamo già visto tutto e il contrario di tutto. Allora sarebbe intelligente cercare di vincere questa sfida con paradigmi d' altro tipo, innovando anche il concetto stesso di Expo. Non è nel numero di visitatorio nelle grandi opere che si misurerà il successo ma nella capacità di emozionare, di coinvolgere, di fare uno sforzo costruttivo nei confronti della nuova società in cui stiamo vivendo in Occidente. In più - e non è affatto secondario - non ci sono le risorse: i tagli sul budget dell' Expo continuano e continueranno, cerchiamo di essere realisti. Il progetto originale dell' Expo 2015 si fonda su di un tema che fin ora è stata la cosa migliore che ci ha offerto questo progetto: confrontarci sull' alimentazione e l' energia, i due capisaldi da cui partiranno i nuovi paradigmi del futuro, la terza rivoluzione industriale. È questo il patrimonio dell' Expo per ora, e nessuno ne parla. Ci vuole un approccio metodologico che si sforzi per una nuova politica del cibo, per una nuova politica energetica, cercando di coinvolgere i cittadini e i giovani, i quali non a caso sono tra i più sensibili su queste tematiche. Se l' esercizio continuerà a essere soltanto quello dei secondi fini speculativi (non necessariamente in negativo, ma è pur vero che si parla solo di terreni, di generare sviluppo, impiego, di costruire edifici) o quello di una governance della macchina che ancora non si è trovata, allora tanto varrebbe essere onesti e dire che Milano non ha i numeri per fare l' Expo. La sfida è percorribile soltanto se si volerà alto sul tema prescelto, se quello diventerà il vero core business dell' evento. Agricoltura sostenibile, il poterla toccare con mano in un grande orto del mondo; conoscere gli elementi della produzione del cibo; valorizzare le culture alimentari e gastronomiche del pianeta; rifiutare un sistema alimentare basato sullo spreco e l' omologazione; ridare dignità e far riscoprire il piacere del cibo: Milano può diventarne l' agorà internazionale e proporsi anche in un momento di crisi come il luogo per eccellenza dello scambio d' idee e delle buone pratiche. Se si lavorerà su questo la gente si entusiasmerà. Se invece qualcuno crede ancora che arriveranno 29 milioni di persone soltanto per vedere tra gli stand anche quello da 150 milioni di Euro degli Emirati Arabi Uniti (come a Shangai), gli posso garantire sin d' ora che sta vivendo nel mondo dei sogni. Il mio è un grido di dolore: o si trova il giusto bandolo sulle tematiche e sul coinvolgimento diretto dei cittadini d' Europae del mondo oppure la strada, spiace dirlo, è già segnata. - CARLO PETRINI
da www.repubblica.it

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